In queste settimane sto esprimendo concetti che mi toccano da vicino in un modo o nell’altro. In alcuni casi in maniera importante, rivelandosi anche molto utili, mentre in altri perché ci tengo e li osservo, basti pensare all’ultimo post scritto. Un tema a cui tengo e che, se avessi voluto raccontare nel dettaglio, sarebbe stato estremamente lungo.
Oggi vorrei soffermarmi sul come pensiamo. Ma non in maniera didattica, scientifica o altro, bensì umana, fra noi.
Il giudizio sul pensiero
Nella nostra società, soprattutto in quella italiana, giudichiamo molto il come pensiamo e il come ci esprimiamo. Anzi, spesso tendiamo, anche in maniera forse più implicita che esplicita, a ghettizzare coloro che parlano o pensano diversamente.
Pensate anche solo alle neurodivergenze. Per citare alcune delle più conosciute: ADHD, lo spettro autistico di primo livello e la sua combinazione AuADHD. Tendiamo quasi a vederli come malati, quasi a vedere che l’errore siano loro. Ma siamo sicuri? E se l’errore fossimo noi?
Non dico il discorso di un mio amico daltonico che mi diceva sempre: “Luca, siete voi che vedete i colori sbagliati”. Lui lo diceva scherzando ovviamente, però il concetto mi fa riflettere.
Neurodivergenze: chi deve adattarsi?
Le neurodivergenze hanno radici neurobiologiche, penso alle questioni sulla dopamina o alle differenze nel funzionamento cerebrale. Ma nella vita quotidiana si manifestano principalmente come modi diversi di pensare e approcciarsi al mondo. Quando prima ho sollevato il quesito mi riferivo proprio a questo: l’approccio diverso, non la biologia.
Coloro che, in teoria, non hanno neurodivergenze dovrebbero avere l’approccio per comprenderle e trovare un compromesso comunicativo e d’azione con esse. Coloro che hanno neurodivergenze, nei limiti della scienza, dovrebbero affrontare terapie per gestirle. Insomma, innalzare dialogo e comunicazione. Creare un equilibrio e talvolta anche un compromesso.
In fondo già Voltaire diceva: “La mia libertà inizia dove finisce la sua”. E se ci applichiamo un po’ di astrazione, forse capite dove voglio arrivare.
Contaminarsi a vicenda
Tutta questa premessa mostra come non dobbiamo aver paura di persone che pensano e comunicano diversamente. Dobbiamo affascinarci a esse e crearci un dialogo, un dialogo profondo per contaminarci a vicenda.
Non dobbiamo criticare chi pensa linearmente e dentro certi recinti, ma se lo contaminiamo col nostro pensiero reticolare potremmo entrambi trarne giovamento. Il pensiero lineare ha il suo valore nella precisione e nella chiarezza. Il pensiero reticolare porta connessioni inaspettate e soluzioni creative. Insieme, creano equilibrio.
La filosofia dalle elementari
La filosofia, che spesso viene bistrattata o all’opposto fin troppo elevata, è qualcosa di stupendo. Qualcosa che apre la mente e può aiutare anche in contesti non così comuni. Su LinkedIn, per esempio, ho raccontato il mio personale approccio AI-Filosofia.
Io ritengo che sarebbe estremamente utile insegnarla fin dalle elementari. Grandi scrittori hanno creato e plasmato testi in grado di raccontare e far capire la filosofia con linguaggio adatto ai bambini.
Lo spirito critico che manca
Spesso ci lamentiamo dell’assenza di spirito critico e troppo spesso diamo la colpa alla tecnologia, ma non riusciamo ad accorgerci che è nel metodo, in certe generazioni che si oppongono.
Se noi, nel nostro piccolo, spingessimo meglio verso:
- L’esplorazione del pensiero nelle sue sfumature
- Il rispetto della salute mentale al pari di quella fisica
- Il comunicare e trovare equilibri con le neurodivergenze
- L’insegnare lo spirito critico fin dalle elementari
…mi domando come potrebbe diventare il mondo.
La mia esperienza personale
E posso assicurarvi, non sono l’unico a dirlo, che pur adorando matematica ed ovviamente informatica, è stata la mia passione per la filosofia e altri aspetti umanistici a darmi il meglio nel lavoro, AI inclusa. E nei rapporti con i clienti, peraltro.
Il pensiero reticolare non è un limite. È una risorsa che aspetta solo di essere compresa e valorizzata.